In un precedente articolo si è trattato del concetto di moneta sottolineando le tre funzioni che essa assolve e spiegando quali sono i motivi per i quali è necessaria. Avendo chiarito le basi ora si possono approfondire i vari punti di vista che negli anni si sono dibattuti tra economisti classici e economisti keynesiani.
Innanzitutto, i primi ritenevano maggiormente importanti i motivi transazionali e precauzionali, mentre i secondi davano un peso superiore a motivi speculativi. A partire da ciò si può facilmente intuire che la differenziazione più grande fra le due scuole fu legata alla sensibilità della domanda di moneta rispetto al tasso di interesse.
Le teorie classiche che andremo ad approfondire in questo articolo sono le seguenti:
- Equazione di Scambio (Fischer);
- Equazione Cambridge (Marshall).
Mentre, le teorie keynesiane che vedremo nel prossimo articolo saranno:
- Preferenza della Liquidità (Keynes);
- Approccio Baumol – Tobin;
- Approccio di Portafoglio (Tobin).
Infine, vedremo un approccio distaccato dalle precedenti teorie conosciuto come approccio di Friedman.
Sommario
La Velocità della Moneta
Prima di trattare le due teorie classiche è necessario conoscere il concetto di velocità della moneta. In generale, la velocità della moneta può essere definita come numero medio di volte in cui la moneta viene spesa per l’acquisto di beni o servizi in un certo arco temporale.
La formula è la seguente:
Dove:
P = Livello generale dei prezzi;
T = Numero di transizioni;
M = Offerta di moneta.
P*T può essere letto come valore delle transazioni ed è approssimabile come entrate nominali (P*Y)
Equazione di Scambio (Fischer)
L’idea di Fischer parte dalla formula appena vista e ritiene che la moneta sia principalmente utilizzata per motivi transazionali (i consumi):
Ovvero, secondo Fischer moltiplicando l’offerta di moneta per la velocità si può ottenere il valore delle transazioni (P * T) che come abbiamo precedente visto rappresenta in modo approssimativo le entrate nominali (P * Y).
Inoltre, sosteneva che:
- La velocità della moneta nel medio periodo fosse costante (V*);
- T* (o Y*) rappresenta il reddito di piena occupazione, dunque anche questo elemento è dato, è l’output potenziale.
Da tali premesse si può evincere che avendo tre variabili costanti, vi sia una qualche relazione diretta tra M e P; un aumento dell’offerta di moneta provocherebbe inevitabilmente un aumento generale del livello dei prezzi.
Equazione di Cambridge (Marshall)
L’equazione di Cambridge parte dalla formula di Fischer vista in precedenza e la trasforma nella definizione della domanda di moneta. Secondo Marshall il pubblico desidera sempre detenere una certa porzione costante del proprio reddito sotto forma di moneta (k = 1/V).
La formula, dunque, diventa la seguente con k costante:
Questa teoria ritiene quindi che la moneta sia conservata non solo per motivi transazionali ma anche per motivi precauzionali.
Teoria Classica (o Teoria Quantitativa della Moneta)
Dallo studio delle precedenti teorie si arriva all’assunzione neoclassica secondo cui il reddito è determinato da fattori reali, ossia Y = Y(N), ovvero:
Dove:
M = Offerta di Moneta;
k = è una costante che rappresenta la preferenza alla liquidità;
P = Prezzo;
Y(N) = Output potenziale che è fisso a sua volta.
Le conclusioni sono le seguenti:
- C’è una relazione diretta tra i prezzi (P) e l’offerta di moneta (M);
- Una crescita dell’offerta di moneta (M) porta ad un incremento proporzionale del livello dei prezzi (P);
- La quantità reale di moneta (M/P) è costante;
- Variazioni di M non influiscono su Y.
La teoria classica, dunque, è influenzata da motivi transazionali e precauzionali ed è in funzione del reddito, ma non del tasso di interesse.
La principale criticità mossa nei confronti di questa teoria è che la sua valenza è tale solo nel lungo termine, infatti qualora si guardasse un orizzonte più breve la velocità non risulterebbe più costante e la teoria verrebbe meno.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright FinanceLooting