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    I principali rischi di un ETF

    Matteo PegoraroBy Matteo Pegoraro11 Aprile 2022Updated:7 Maggio 2022Nessun commento12 Mins Read
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    Gli ETF sono strumenti fantastici ma non sono esenti da rischi. Questi strumenti vengono presentati come strumenti semplici, economici, liquidi e trasparenti. Tuttavia, non sempre presentano queste caratteristiche. In questo articolo affronteremo i principali rischi a cui è esposto l’investitore e parleremo anche degli altri Exchange Traded Products: ETC e ETN.

    Sommario

    • 1 Rischio Sistematico e Rischio Specifico
    • 2 Panieri diversificati… oppure no?
    • 3 Gli ETF sono Strumenti Complessi?
    • 4 Rischio di liquidità
    • 5 Gli ordini di grandi dimensioni
    • 6 Europa: Volumi spezzettati e inefficienze
    • 7 Tracking Error
    • 8 Rischio Leva Long e Short
    • 9 Altri rischi da non trascurare
    • 10 Conclusioni

    Rischio Sistematico e Rischio Specifico

    Il rischio sistematico (o market risk) è il pericolo che complessivamente il mercato subisca un ribasso dovuto a un Cigno Nero (un evento inaspettato come l’11 settembre o il Covid-19) piuttosto che a condizioni economiche, scelte delle banche centrali, situazioni geopolitiche (come nel 2018 o nel 2022) e altro ancora.

    Il Market Risk non è eliminabile a differenza del rischio specifico. Questo si riferisce a singole posizioni o società epuò essere eliminato mediante la diversificazione del portafoglio. I fondi comuni e gli ETF sono particolarmente utili poiché al loro interno posseggono centinaia se non migliaia di titoli.

    Gli attivi e smart beta sono potenzialmente meno esposti di quelli passivi perché hanno la possibilità di limitare le perdite non inserendo in portafoglio determinate azioni perché rischiose o meno profittevoli.

    Panieri diversificati… oppure no?

    Ho appena detto che gli ETF servono a diversificare, ma non è sempre così. Un ETF sullo S&P 500 come lo SPY esporrà l’investitore a un rischio paese (investe solo negli USA) e a un rischio settoriale a causa del grande peso delle aziende tecnologiche e in particolare di Apple (6,7%) e Microsoft (6%).

    Lo stesso ragionamento lo possiamo trovare anche in altri paesi, ad esempio, gli ETF equity russi sono massivamente esposti sulle materie prime e in particolare su società energetiche. Come abbiamo potuto vedere con l’Invasione russa dell’Ucraina, investendo in ETP si è esposti anche a un rischio geopolitico.

    Gli Exchange Traded Funds Tematici (es. ARKK, Bitcoin ETF, energie rinnovabili…) o settoriali (es. XLE, XLK…) sebbene riducano il rischio specifico detenendo molte società sono concentrati in un tema o in un solo settore. Un evento che impatta su quel settore o tema può travolgere l’ETF e portare ingenti perdite.

    Diventa necessario inserire in portafoglio un paniere di ETF, la mia idea (che non è un consiglio d’investimento) è distribuire la parte maggioritaria (core) suazioni e obbligazioni dei mercati sviluppati e una parte satellite minoritaria con esposizioni più rischiose e volatili su materie prime, mercati emergenti e altri strumenti.

    Gli ETF sono Strumenti Complessi?

    Gli ETF, ETC e ETN sono strumenti fondamentalmente semplici, ma la loro struttura può diventare estremamente complessa e rendere difficile per un investitore individuare correttamente il sottostante e le performance che da esso derivano, per questo fanno parte dei derivati. Vi espongo alcuni elementi da osservare.

    Per prima cosa nella denominazione non è previsto l’obbligo di indicare se il fondo sia passivo, attivo o smart beta. Gli ETP passivi possono disporre di 4 diverse modalità di replica che determinano performance che possono essere più o meno precise nel replicare il benchmark. Nel caso di replica sintetica (o se è prevista la possibilità di prestito titoli) ci si espone a un rischio di insolvenza della controparte.

    Notate anche che a parità di tutte le condizioni (sottostante, paese, commodity, modalità di replica…) gli Exchange Traded Products possono ottenere performance differenti per una diversa composizione del portafoglio e per i costi. Ad esempio, l’Invesco US Energy Sector UCITS ETF nel 2021 ha ottenuto il 66,63% mentre lo SPDR S&P US Energy Select Sector UCITS ETF il 65,22%.

    Gli Exchange Traded Funds attivi (trasparenti o ANT) si propongono di battere il mercato, per cui è lecito aspettarsi dalle scelte dei gestori una differente composizione del portafoglio e performance differenti (anche in negativo) rispetto al mercato.

    Gli ETF possono replicare un mercato anche investendo in ADR e GDR (es. ETF Russia), quindi non investono direttamente nella borsa estera ma su questi certificati. Questo può generare performance differenti dall’indice. Per alcuni mercati è previsto un cap (un limite massimo) alle posizioni, oppure è possibile applicare una differente ponderazione dell’indice (es. equal weighted).

    Nella maggior parte dei casi gli ETP non replicano l’indice o il sottostante contenuto nel nome. Come è possibile? Ci sono diverse motivazioni. Gli ETF ad accumulazione non distribuiscono dividendi per cui è necessario utilizzare un indice modificato, ad esempio, lo SPDR S&P 500 Ucits ETF replica lo S&P 500 Total return (SP500TR).

    Gli ETN sul VIX non replicano direttamente l’indice della volatilità dello S&P 500, ma indici futures calcolati con differenti modalità. Nel caso dell’iPath Series B S&P 500 VIX Short-Term Futures ETN (VXX), le performance sono correlate ai risultati ottenuti dall’indice S&P VIX Short Term Futures TR (SPVXSTR), che simula una posizione lunga su ipotetico portafoglio costituito dai due VIX futures più vicini alla scadenza. Le performance dei futures sono differenti da quelle “spot” del VIX, per questo i risultati ottenuti dall’ETN sono molto differenti dai reali movimenti dell’indice.

    Lo stesso avviene per gli ETF o ETC su commodities, in cui non si replica il prezzo spot ma un portafoglio di futures. Altri problemi di cui soffrono questi ETP sono i costi di rollover o la necessità di muovere il portafoglio con settimane di anticipo dalle scadenze, es. United States Oil Fund (USO).

    Rischio di liquidità

    Sicuramente è il rischio più complesso e ampio. Per prima cosa non tutti gli ETF investono in mercati liquidi e facilmente negoziabili per cui gli AP e i market maker potrebbero avere più difficoltà a reperire i titoli e offrire bid ask spread più elevati per compensare il maggiore rischio assunto.

    Questo aspetto non deve essere limitato a mercati di nicchia, poco liquidi o emergenti perché anche nei mercati sviluppati può ridursi la liquidità e volumi. Nei casi più estremi possiamo parlare di divergenze fra il NAV (valore netto degli asset) e il prezzo dell’ETF/ETC/ETN per un malfunzionamento del meccanismo di Creation Redemption in Kind.

    Questo rischio è chiamato broken risk e si verifica in casi estremi, come nei difficili mesi di marzo e aprile 2020 o la chiusura della Borsa egiziana durante la Primavera Araba nel 2011. In questi momenti di grande difficoltà in cui la liquidità del sottostante si riduce o è assente gli ETF sono utilizzati come strumenti di price discovery perché spesso continuano a negoziare e sono più liquidi del sottostante stesso (es. ETF obbligazionari marzo-aprile 2020).

    Un altro problema è la liquidità superficiale, ossia potremmo dover vendere 10.000 quote, le prime mille sono facilmente vendibili, ma per le successive potremmo dover fronteggiare offerte molto più basse e commissioni crescenti che possono erodere i guadagni.

    La liquidità di un ETP non è omogenea nel tempo. Nel lungo periodo potremmo investire in uno strumento particolarmente accattivante e innovativo che riscuote un immenso successo, ma che poi si sgonfia facendo diminuire i volumi. Allo stesso modo durante i periodi di tensione (es. Covid-19) la volatilità aumenta per cui si ampliano i bid ask spread e si riduce la liquidità.

    Anche all’interno della singola giornata la liquidità è disomogenea. Pensate agli ETF europei che investono in Giappone o negli Stati Uniti, a causa dei fusi orari gli orari di apertura delle borse non corrispondono e potrebbero sorgere problemi perché i market maker non possono acquistare il sottostante, portando il valore del fondo a divergere dal valore del sottostante.

    Storicamente le ore di apertura e chiusura vedono spread più ampi, in chiusura perché i market maker stanno posizionando i book per la fine della giornata. In apertura, per lo stesso motivo precedente, ad esempio, nel mercato USA coesistono diverse borse e non tutti i titoli hanno aperto le negoziazioni.

    Gli ordini di grandi dimensioni

    Una criticità legata alla liquidità che riguarda la negoziazione è l’impatto che può avere un ordine di grandi dimensioni nel sottostante dell’ETF. Il problema è la percentuale di volume giornaliero di ogni titolo che compone l’indice (o la strategia per gli ETF attivi) per costruire una creation unit.

    Maggiore è questo valore, maggiori saranno i costi e in certi casi i tempi per poter creare le quote. Si prenda un mercato azionario come lo S&P500 un creation basket di 50.000 quote muove mediamente meno dello 0,02% del volume giornaliero dei titoli sottostanti. Se invece ci si trova nella situazione in cui il mercato è poco liquido per sua natura o per sopraggiunte condizioni potrebbe scatenare delle importanti modifiche nel prezzo delle azioni sottostanti.

    Un esempio può essere il VanEck Vectors Rare Earth/Strategic Metals ETF (REMX), una singola creation unit di 50.000 quote muoverebbe del 35% il volume giornaliero di alcune partecipazioni sottostanti (dati ETF.com), potrebbe quindi volerci del tempo per accumulare la posizione sia in acquisto che in vendita, con la possibilità di vedere discrepanze fra il prezzo dell’ETF e del sottostante.

    Europa: Volumi spezzettati e inefficienze

    Un elemento critico per l’Europa è l’esistenza 29 borse in 26 paesi, al contrario delle sole 3 presenti negli USA. Questo porta a uno spezzettamento dei volumi, fattore che limita la liquidità degli ETF. Inoltre, ogni borsa ha la propria controparte centrale di compensazione e deposito di titoli (Monte Titoli e Cassa di Compensazione e Garanzia S.p.A. per l’Italia).

    Questo aumenta i costi di transazione, le inefficienze, la liquidità e lo spread rispetto agli Stati Uniti dove tutte le transazioni avvengono attraverso il Depository Trust & Clearing Corporation. Molti gestori e market maker (Deutsche Bank, JP Morgan, State Street fra le tante) spingono per creare un deposito internazionale dei titoli (central securities depository) e un mercato unico degli ETF.

    Tracking Error

    Il Tracking Error è la differenza fra le performance del benchmark e dell’ETP. Questa discrepanza è generata da alcune delle problematiche di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente (tipologia di replica, campionamento, volatilità elevata, utilizzo futures, sottostante replicato, liquidità…) a cui si aggiunge il fattore costi applicati dal gestore.

    È impossibile, infatti, ottenere le performance pure del sottostante. Gli ETP passivi e molti smart beta replicano un indice ma da questa performance vengono dedotte le commissioni, più aumentano più aumenta il tracking error.

    Nella valutazione di un ETP è fondamentale capire quanto lo strumento e il gestore siano capaci di mantenersi vicino al benchmark. Si noti anche che una differenza dell’1% in un mercato emergente può essere accettabile, ma potrebbe non esserlo in uno sviluppato.

    Un’ultima causa è da ricondurre sia al bid ask spread sia ai costi di transazione in acquisto e in vendita applicati dall’intermediario, questi non coinvolgono direttamente il fondo, ma si traducono per l’investitore in una modifica del rendimento ottenuto.

    Rischio Leva Long e Short

    La famiglia degli ETP comprende anche strumenti a leva long e short. Questi prodotti sono molto rischiosi perché incrementano le performance in tutte le fasi del mercato, sia a rialzo che ribasso. Mantenere in portafoglio questi strumenti per lungo periodo è deleterio anche nelle fasi di lateralizzazione, poiché la combinazione di volatilità ed effetto compounding può generare rendimenti negativi.

    Prendiamo ad esempio il Wisdomtree Natural Gas 3X Daily Leverage ETC. Questo prodotto fornisce una leva 3x per cui fornisce un rendimento del 300% del rendimento giornaliero (daily) del benchmark. Se in un giorno il sottostante dell’ETC (un indice futures sul natural gas) si trovasse in ribasso del 20% l’ETC perderebbe il 60%. Generalmente a tutti gli ETF viene effettuato un reset su base giornaliera (daily reset), questo significa che il fattore di leva dichiarato è applicato direttamente ai rendimenti di quel giorno.

    tRendimento IndiceIndiceETC 3xRendimento 3x
    0–100100–
    12,00%1021066,00%
    22,00%104,04112,366,00%
    32,00%106,12119,106,00%
    4-2,00%104,00111,96-6,00%
    5-2,00%101,92105,24-6,00%
    6-2,00%99,8898,92-6,00%
    Rendimento 0-6-0,12%-1,08%–

    Se teniamo la posizione per più giorni interviene l’effetto compounding (interesse composto), nella tabella notiamo come intervenga già nell’indice per cui una sequenza simmetrica di rendimenti non provoca uno 0% ma un -0,12%. Le performance dell’ETC sono giornalmente 3 volte quelle dell’indice, ma nel lungo periodo le performance non sono di -0,36% ma di -1,08%.

    All’effetto compounding sono esposte sia le forme short che long, può avere effetti negativi e positivi. Questo dimostra che gli strumenti strutturati non sono adatti a strategie buy and hold e devono essere usati con cautela.

    Altri rischi da non trascurare

    Uno aspetto fondamentale negli investimenti è il rischio di cambio si verifica quando l’ETP presenta una valuta di riferimento differente dalla valuta di negoziazione. Per esemplificare, quando un investitore europeo investe coi suoi euro nel mercato americano. Per ovviare a questo sono nati ETF con copertura valutaria, la copertura garantisce che il valore dell’investimento possa essere impattato solo dall’andamento dell’indice, ma aumenta i costi dello strumento.

    Le commodities e gli ETC sono esposte anche ad altri rischi non riferibili direttamente ai mercati, come possono essere le condizioni meteorologiche (es. natural gas o succo d’arancia), ma anche altri fattori che possono incidere sulla produzione, spedizione o trasformazione quali la regolamentazione.

    Nonostante il successo degli ETP alcuni di questi strumenti vengono chiusi (cd. Shutdown Risk) per scarso successo o l’elevata concorrenza, la regolamentazione (nuove normative possono incidere significativamente sul funzionamento del fondo) o per acquisizioni e fusioni fra società di gestione per cui alcuni fondi potrebbero venire accorpati o soppressi. Il fondo in questi casi viene liquidato e i partecipanti sono pagati in cash, ci potrebbero essere dei capital gain (plusvalenze) e quindi tasse, potrebbero essere addebitati costi di chiusura (anche se sono rari), costi di transazione e ci saranno ovviamente lamentele.

    Conclusioni

    Sono molti i rischi a cui si è esposti con gli Exchange Traded Funds, ETC e ETN. Tuttavia, questo non dev’essere un blocco alla nostra attività di investimento. L’importante è informarsi per capire a quali di questi si è esposti, come gestirli e se si è in grado di affrontarli.

    Nella maggior parte dei casi questi rischi sono gestibili inserendo in portafoglio più Exchange Traded Products che investono in asset class, settori e paesi differenti. Non fermatevi ai costi. Controllate sempre la liquidità e i volumi degli strumenti e se vi trovate a scegliere fra prodotti simili controllate la composizione del portafoglio e la modalità di replica. Tenete bene a mente il vostro profilo di rischio e il vostro orizzonte temporale.

    Tutti questi dati sono disponibili online e con un po’ di pratica sarete in grado di individuare il prodotto che fa per voi in poco tempo.

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright FinanceLooting

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    Matteo Pegoraro

      Laureato in Banca e Finanza ed Economia Aziendale presso l'Università di Udine. Appassionato di investimenti, analisi tecnica e videogame. Ha all'attivo alcune pubblicazioni riguardo Etf e Etn su riviste specializzate.

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