L’effetto base, o base effect in inglese, è l’impatto sul risultato che può avere quando si sceglie un differente punto di riferimento per una comparazione tra due dati. Questo risultato può risultare distorto o completamente errato.
PIL e Inflazione
Si verifica nei rapporti, quindi in tutti quei casi in cui viene mostrato un cambiamento percentuale (%) dei dati. Ad esempio, la variazione dei livelli dell’inflazione o del PIL.
Pensiamo ai giornali che hanno magnificato il +6,5% del PIL italiano nel 2021 anche nei confronti della Germania. L’errore è dimenticarsi che l’anno precedente la caduta del PIL italiano era stata del 8,9%. Nella migliore delle ipotesi quindi al recupero manca almeno un 3%. La Germania al contrario ha perso il 3% nel 2021 e quest’anno ha superato il 2019 segnando +5,9% a 3.567 miliardi di euro contro i circa 2.000 miliardi del nostro paese. Dati Eurostat.
Nel caso dell’inflazione, tutti gli operatori di mercato, ma anche i comuni cittadini, vogliono sapere il dato rispetto all’anno precedente. La pubblicazione dei dati è mensile e rappresenta la variazione mese su mese e anno su anno. Prendiamo un mese o un periodo particolarmente fuori scala, come sono stati i mesi di dicembre-gennaio-febbraio 2022 in cui in Italia le bollette di luce e gas sono aumentate mediamente del 50%. Ipotizziamo che i prezzi tornino alla normalità nei prossimi 12 mesi.
L’anno successivo il confronto verrà fatto con questi mesi per cui potremmo essere indotti a pensare che l’inflazione stia rallentando o sia crollata. Potremmo vedere due effetti distorsivi, un’inflazione che cala magari dello 0,1% indicherebbe che i prezzi non stanno calando ma sono ancora elevati. Il secondo effetto potrebbe verificarsi se tutti i beni del paniere dell’inflazione aumentano tranne gli energetici. Per assurdo, potremmo vedere un’inflazione in rallentamento e allo stesso tempo ridotto il nostro potere d’acquisto. Per questo motivo consiglio sempre di approfondire i report l’Istat leggendo le note e lo spaccato per categorie.
Aziende
Lo stesso calcolo lo possiamo fare confrontando due aziende. Esempio: due azioni con un valore di 200 euro. L’azione A cresce del 40 euro ogni anno per 5 anni, l’Azione B perde il 20 euro ogni anno e recupera 40 euro l’ultimo anno.
Valore iniziale | Anno 1 | Anno 2 | Anno 3 | Anno 4 | Anno 5 | |
Azione A | 200 | 240 | 280 | 320 | 360 | 400 |
Variazione in € | – | 40 | 40 | 40 | 40 | 40 |
Varazione % | – | 20,00% | 16,67% | 14,29% | 12,50% | 11,11% |
Azione B | 200 | 180 | 160 | 140 | 120 | 160 |
Variazione in € | – | -20 | -20 | -20 | -20 | 40 |
Variazione % | – | -10,00% | -11,11% | -12,50% | -14,29% | 33,33% |
Qualcuno potrebbe dirvi che l’azienda B ha avuto un’ottima performance rispetto all’azienda A nell’anno 5 cosa che è vera nel breve periodo. Ma l’azienda A nel medio lungo periodo ha avuto un rendimento migliore e costante risultando la scelta migliore.
Prendiamo il caso dell’Ark Innovation ETF, per analizzarlo non basta prendere le performance degli ultimi 2 anni (3 gen 20 – 31 dic 21). In questo caso, quello che vediamo è un +89%. L’ARKK ha però raggiunto un impressionante +221% (3 gen 20 – 16 feb 21) pari a 159 dollari per poi calare al 31 dicembre 2021 del 41% (91,5$) rispetto ai massimi. In questi giorni è ancora più in basso (71,9$). Capite bene come la situazione dell’ETF sia totalmente diversa dai semplici numeri. Dati Tradingview.
Un effetto simile lo vediamo anche nella valutazione aziendale con le comparables, ossia società simili a quella che stiamo valutando. Queste rappresentano la base da cui cerchiamo di ottenere una stima del valore aziendale. Se selezioniamo male le società comparabili, il dato risulterà totalmente distorto. L’unica soluzione è studiare attentamente il business e le caratteristiche delle aziende coinvolte e non fermiamoci alle indicazioni generiche dei vari provider di informazioni. Ad esempio, Tesla quanto è una società automobilistica e quanto un produttore di batterie?
Base effect “temporale”
Il base effect lo possiamo osservare anche scegliendo errati periodi temporali, come abbiamo visto nel caso dell’ARKK. Facciamo un altro esempio, vogliamo calcolare il numero di automobili prodotte in Italia e il suo sviluppo negli anni. Ipotizziamo che nell’aprile 2010 sia stata introdotta qualche norma che rendeva più costosa la produzione di automobili. È chiaro che non possiamo prendere marzo 2010 come mese/anno base da cui calcolare la crescita perché è probabile che in quel mese si sia concentrata la produzione di automobili per limitare i costi e che sia calata bruscamente i mesi successivi.
Facciamo un altro esempio, sempre sul settore automobilistico. Ipotizziamo che in un certo anno il prezzo dell’acciaio fosse particolarmente basso oppure ci fossero dei particolari sgravi fiscali. Anche in questo caso è ovvio che le vendite e la produzione di automobili sarebbe stata particolarmente elevata in quel periodo rispetto a quelli successivi o precedenti.
Questo effetto è evidente quando confrontiamo diverse serie di dati oppure lo stesso dato in un lungo periodo. Spesso viene impostata una base di partenza a 100 o 1, oppure lo 0%. Ricordatevi tutti i casi precedenti, se parto da un periodo particolarmente anomalo rischio di falsare tutta l’analisi.
Conclusione
Prendere dei dati troppo elevati o troppo bassi come punto di confronto col periodo corrente tende a portare a una sottostima o sovrastima dei dati. Dobbiamo osservare i dati nel tempo per capire se ci sono periodi particolarmente anomali.
Per cercare di risolvere si può utilizzare una media mobile oppure confrontare i risultati mensili con l’intero anno/periodo precedente. Questo può aiutarci anche a individuare le stagionalità di commodities e aziende che possiamo sfruttare a nostro vantaggio, come nel commodity spread trading.
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