La previdenza complementare sta diventando sempre di più una necessità per permetterci di vivere una vecchiaia con una maggiore tranquillità.
Il sistema pensionistico italiano, come in molti paesi, è a ripartizione si basa sul fatto che i lavoratori di oggi paghino le pensioni ai pensionati di oggi. Questo è un sistema che può portare a squilibri che in genere vengono ripianati dallo Stato. L’alternativa è un sistema a capitalizzazione in cui la posizione del pensionato è individuale, quanto viene versato viene investito e poi si riceverà una prestazione in base a quanto versato. Questo è il meccanismo con cui funzionano le forme di previdenza complementare.
Sommario
Sistema Contributivo
In Italia il calcolo per la pensione al momento attuale è in base a un sistema contributivo, ossia quanto riceverò di pensione obbligatoria (che rappresenta il 1° pilastro della previdenza in Italia) dipenderà dai versamenti che ho effettuato.
I fattori determinanti per il calcolo della pensione con il sistema contributivo sono:
- Ammontare Contributi Versati
- Età raggiunta al momento del pensionamento (Fra 20 anni l’aspettativa di vita sarà 83 anni per gli uomini e 87 per le donne)
- Il PIL
L’evoluzione demografica nel nostro paese negli ultimi anni è stata una riduzione della base della cd. piramide demografica a causa del decremento delle nascite. L’aumento dell’aspettativa di vita sta portando a una rettangolarizzazione della piramide con un progressivo aumento delle persone in età avanzata in proporzione alla popolazione.
Per tutto quello che è stato detto in precedenza il tasso di sostituzione, dato dal rapporto fra la prima annualità della pensione e l’ultimo reddito annuo pre-pensionamento, scenderà a circa il 60% dell’ultimo reddito percepito (Fonte: Ragioneria dello Stato, Covip e INPS). Diventa quindi necessario aderire a una forma di previdenza complementare che possa integrare il nostro reddito nel momento della pensione.
La previdenza complementare
Il sistema pensionistico italiano è diviso in 3 pilastri:
1° Pilastro: Previdenza Pubblica Obbligatoria (INPS) e Casse Professionali e Enti previdenza dei liberi professionisti
2° Pilastro: Fondi Negoziali e Fondi Preesistenti al 15 novembre 1993 (questi ultimi possono gestire direttamente le risorse senza ricorrere a intermediari specializzati. Si tratta di Fondi collettivi per i quali l’adesione dipende da accordi o contratti aziendali o interaziendali.)
3° Pilastro: fondi pensione aperti e Piani di investimento pensionistici (PIP).
I fondi pensione sono a tutti gli effetti dei fondi comuni d’investimento con cui condividono molte delle caratteristiche. Ogni fondo o PIP ha diverse linee di investimento, dalle quelle a capitale garantito a quelle bilanciate fra azioni e obbligazioni a quelle più aggressive con una maggiore quota azionaria. I fondi possono detenere quote di altri fondi, ETF o derivati a copertura di rischi. Se andiamo a leggere i documenti sulla politica di investimento di un fondo è indicato anche il benchmark di riferimento, che spesso è un portafoglio pesato di diversi indici.
I fondi pensione negoziali (chiusi) sono istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale. Es. Il Fondo Espero per i lavoratori pubblici e privati della scuola o il FondoPoste per i lavoratori di Poste Italiane. Possono aderire a questi fondi solo le specifiche categorie o aziende. Nei fondi pensione negoziali viene versato dal datore di lavoro oltre alla quota a carico del lavoratore e al TFR futuro anche il contributo dell’azienda → se ne avete la possibilità possono essere molto convenienti. Ipotizziamo di versare l’1% e il datore di lavoro un altro 1% in più, abbiamo già ottenuto un guadagno del 100%. Nei fondi negoziali la gestione delle risorse finanziarie è delegata a uno o più gestori. Il fondo stabilisce stabilisce mercato di riferimento, limiti e rischi (concentrazione, rating, Sharpe ratio, tracking error, ESG…), obiettivi di efficienza (Turnover…). Il gestore implementa il mandato decidendo quando e su cosa investire all’interno dei vincoli stabiliti.
I Fondi Pensione Aperti sono istituiti e gestiti da banche, assicurazioni, Società di gestione del Risparmio (SGR) e Società di Intermediazione Mobiliare (SIM). Questi fondi raccolgono adesioni individuali e collettive. Vi possono aderire lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti, liberi professionisti oltre ai familiari a carico dei lavoratori. Possono aderire anche soggetti non lavoratori. I Fondi pensione aperti e i negoziali sono a contribuzione definita e quindi non è possibile determinare la prestazione futura. L’adesione collettiva può avvenire anche in forma tacita se entro 6 mesi dall’assunzione il lavoratore non si esprime. Anche in questi fondi è possibile il contributo da parte dell’azienda al quale il lavoratore ha diritto se effettua il proprio versamento.
I Piani di Investimento Pensionistici (PIP) sono contratti individuali di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale. Nei PIP è possibile sospendere e riprendere il pagamento del premio stabilito. A seconda delle caratteristiche del singolo PIP è possibile scegliere se collegare la propria posizione individuale a una gestione separata, a uno o più fondi interni o OICR oppure una combinazione delle due modalità. In molti casi è garantito un rendimento minimo o la restituzione del capitale versato, come avviene nei fondi pensione garantiti. Nel caso dei PIP non è possibile l’adesione tacita proprio perché individuali.
Caratteristiche Fondi Pensione e PIP
I patrimoni sono gestiti da soggetti professionali e specializzati (Banche, assicurazioni, SGR…) nel rispetto dei limiti e dei criteri fissati con il D.M. n. 703/1996. I gestori sono sottoposti al controllo di specifici organismi (Banca d’Italia, IVASS, CONSOB), i fondi pensione e i PIP al controllo della COVIP, Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione.
I capitali risultano separati e autonomi dal gestore proteggendo dal rischio di fallimento dello stesso. Le risorse del Fondo sono depositate presso una banca depositaria distinta dal gestore, che esegue le istruzioni del gestore e verifica che queste non siano contrarie alla legge o alle norme dello Statuto del Fondo pensione.
Un fondo investe in centinaia se non migliaia di titoli differenti introducendo il concetto di diversificazione → se possiedo 1 azione e questa fallisce ho perso il 100% del capitale, se ne detengo 3 il 33%, con 100 l’1%.
Non ha senso osservare i movimenti quotidiani dei mercati perché l’orizzonte di un Fondo Pensione è molto più ampio. I fondi sono gestiti attivamente e si posizionano su orizzonti di lungo periodo.
Quello che viene versato nel fondo pensione sono i contributi del lavoratore, gli eventuali contributi del datore di lavoro e il TFR. Eventualmente possono essere fatti versamenti una tantum. Il TFR qualora fosse mantenuto in azienda o nello stato viene rivalutato all’1,5% a cui si somma lo 0,75% dell’inflazione calcolata dall’INPS.
Prestazioni post e pre-pensionamento
Lo scopo principale di un fondo pensione è erogare una rendita all’iscritto a partire dal momento del pensionamento. La rendita più comune è di tipo vitalizio che è calcolata nel momento dell’erogazione e viene pagata fino a quando l’aderente è in vita indipendentemente dall’eventuale esaurimento del capitale. Ci sono altri tipi di rendita ad esempio una rendita reversibile, una rendita certa per un certo numero di anni e poi vitalizia, e così via.
La liquidazione del capitale in unica soluzione è sempre possibile per un importo che non supera il 50% del montante e la restante parte viene erogata in forma di rendita. Se il montante finale non è significativo è possibile ottenere la liquidazione del 100% del capitale.
I fondi pensione e i PIP garantiscono delle prestazioni anche prima del pensionamento, però le condizioni potrebbero variare da un fondo all’altro quindi è necessario informarsi (es. anni di permanenza) . Troviamo anche la possibilità di chiedere l’anticipazione per acquisto o ristrutturazione della prima casa o per spese sanitarie però dopo 8 anni di partecipazione al fondo oltre che alcune altre voci specifiche. Il trasferimento è sempre possibile e non genera un evento tassabile, tuttavia potrebbero esserci dei vincoli temporali da rispettare. In caso di decesso è previsto il riscatto a favore dei beneficiari e eredi. Se non fosse presente nessun soggetto la posizione viene acquisita dal fondo pensione.
Le forme di previdenza complementare prevedono dal 2018 la RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata) sia per i dipendenti pubblici che privati. Questa prestazione consiste nel ricevere in modo frazionato la totalità o una parte della posizione accumulata fino al conseguimento dell’età prevista per la pensione di di vecchiaia nel sistema pensionistico obbligatorio. Le condizioni sono:
«aver cessato l’attività lavorativa, maturare i requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia nel regime di appartenenza entro i 5 anni successivi alla cessazione dell’attività lavorativa, aver maturato al momento della richiesta un requisito contributivo complessivo minimo di 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza e almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.
La RITA può inoltre essere richiesta dagli aderenti che sono inoccupati da più di 24 mesi, maturano i requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione di vecchiaia entro i 10 anni successivi e hanno almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.» (Covip)
A determinate condizioni è previsto il riscatto della posizione maturata. In caso di cessazione dei requisiti di partecipazione (es. dimissioni o licenziamento dall’azienda) è possibile riscattare l’importo maturato. In caso di inoccupazione per 12 mesi è possibile riscattare una parte del capitale e dopo 48 mesi la totalità.
I vantaggi sono soprattutto fiscali ma non solo
La contribuzione a un fondo pensione è fatta sul lordo dello stipendio, la tassazione si applica anno per anno ai rendimenti ottenuti da quanto versato (pari al 20% e non al 26%) e poi viene tassata solo la quota di capitale al momento del raggiungimento dei requisiti per ottenere la prestazione pensionistica (ovviamente i rendimenti non vengono tassati nuovamente). La tassazione in questo caso è pari a circa il 23% per i versamenti effettuati prima del 2018 e al 15% per i periodi successivi. A partire dal 15° anno di iscrizione al fondo, l’aliquota decresce dello 0,3% annuo, fino ad arrivare al 9%. Ricordo che comunque la tassazione per i rendimenti di alcuni titoli pubblici è pari al 12,5% se appartenenti alla cd. white list.
Altro vantaggio di rilievo è la deducibilità fiscale, infatti i contributi versati entro il limite di 5.164,57 euro all’anno (10 milioni di lire) sono deducibili dal reddito complessivo. Questo importo comprende i contributi del lavoratore, se presenti i contributi del datore di lavoro e gli eventuali versamenti effettuati a favore dei soggetti fiscalmente a carico; è esclusa la quota del TFR.
Un altro vantaggio, non fiscale questa volta, è dettato dall’effetto dell’interesse composto. Questo è un concetto molto importante in finanza per cui, ad esempio, se investo una tantum 100 euro all’anno zero e ottengo il 3% annuo, reinvestendo dopo 30 anni non avrò 190 euro (90%) ma 242 circa il 27% in più.
I versamenti in un fondo pensione avvengono ogni mese, tredicesima compresa, per cui si attua una diversificazione temporale. Questo cosa significa? Ipotizziamo un mercato a V della durata di 10 anni. Il mercato nell’anno 5 è sceso del 40% per poi ritornare allo stesso livello iniziale nell’anno 10. Se investo tutto il capitale nell’anno 0 e lo vendo nell’anno 10 non ottengo alcun rendimento (0%). Acquistando mese per mese vado a ridurre il costo medio d’acquisto, perché compero durante tutta la fase di discesa e risalita. Nel momento in cui il prezzo incomincia a riprendersi pian piano sempre più posizioni si troveranno in guadagno. Quello che ottengo è un rendimento positivo dal momento in cui il mio costo medio di acquisto sarà inferiore al valore del mercato.
I costi, le spese di gestione e le performance
Riguardo ai costi e alle spese si potrebbe scrivere un poema. Il suggerimento che posso dare è che la COVIP calcola per tutte le forme pensionistiche l’Indice Sintetico di Costo. Questo parametro è una modalità per misurare l’impatto dei costi di gestione sul patrimonio degli iscritti. Nel sito dell’autorità sono presenti i dati in un excel che permette di confrontare le varie forme pensionistiche anche su un orizzonte prospettico di 2, 5, 10 e 35 anni. Nel sito troviamo anche la modalità di calcolo dell’indice che considera non solo i costi diretti (quota associativa) ma anche i costi indiretti (come gli oneri di gestione e di depositaria). L’impatto dei costi nel lungo periodo può diminuire notevolmente i risultati della gestione.
I fondi negoziali sono normalmente meno onerosi dei fondi pensione aperti e dei PIP perché sono associazioni senza scopo di lucro, non devono remunerare reti distributive, la struttura amministrativa è snella e possono godere di economie di scala e un discreto potere contrattuale per ottenere condizioni vantaggiose dai gestori. Tuttavia, è possibile osservare una tendenza delle forme previdenziali del 3° pilastro di ottenere performance superiori ai fondi negoziali.
Le performance ottenute dai fondi sono visibili sempre dal sito www.covip.it, i dati potrebbero non essere intuitivi come lettura ma ci forniscono tutti dati passati dei fondi suddividendoli per categoria. Ovviamente non possiamo confrontare un comparto garantito con uno azionario, costi, rischi e performance sono totalmente differenti. La scelta del fondo dipende dalla vostra propensione al rischio e dai vostri obiettivi. Quello che sto facendo io per il mio fondo pensione (e non è un consiglio di investimento) è utilizzare un comparto mediamente aggressivo con l’intenzione di spostarmi in prossimità della pensione a un comparto più conservativo. Cryptovalute, Tesla, ARKK e simili è giusto che stiano in altri portafogli con altri orizzonti temporali e profili di rischio.
Tiriamo le somme
Le stime fornite direttamente dalla Ragioneria di Stato, l’ISTAT, la COVIP e l’INPS dovrebbero far pensare a tutti quanti la necessità di aprire una forma di previdenza complementare che, integrando la pensione obbligatoria, ci aiuti a passare una vecchiaia dignitosa. Purtroppo le adesioni non sono ancora in grande numero al contrario di altri paesi. Questo avviene per analfabetismo finanziario e quindi una paura ad approcciarsi a questi strumenti finanziari ma anche per ignoranza dell’esistenza di forme pensionistiche complementari. La quota da versare ogni mese può essere ridotta anche all’1% dello stipendio lordo o al solo TFR in alcuni casi. Quest’ultimo può essere investito e ottenere un rendimento superiore all’1,5% più lo 0,75% dell’inflazione previsto dalla normativa. Conviene certamente iniziare a mettere da parte delle piccole somme appena incominciamo a lavorare per massimizzare l’effetto dell’interesse composto. Secondo me conviene anche in età lavorativa più avanzata per i vantaggi fiscali e per la possibilità di ottenere eventuali contributi dei datori di lavoro e un rendimento migliore dai capitali messi da parte.
Nel prossimo episodio: la previdenza complementare per gli impiegati pubblici e il Fondo Espero.
Fonti
Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, Quello Che Conta
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Previdenza Complementare
Covip, Calcolo del Indice Sintetico di Costo e dati
Covip, Informazioni sulla Previdenza Complementare
Covip, Fondi Pensione Aperti
Covip, Fondi Pensione del Pubblico Impiego
Covip, Fondi Pensione Negoziali
Covip, Piani Pensionistici Individuali (PIP)
Decreto legislativo del 21 aprile 1993, n. 124; D.lgs. del 5 dicembre 2005, n. 252
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